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ANTEPRIMA CHISSA' PERCHE' SI RIPARTE SEM
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Chissà perché si riparte sempre dal niente, Chiara Porcelluzzi (Novità Editoriale)

ISBN 9788899823412 Luna e la Luna, ma anche Luna e Veronica e Laura. E ancora Luna e il rapporto con se stessa, con le proprie debolezze, i propri dolori, le emozioni a contrasto con la solitudine e quel bisogno di assenti presenze, di non vivere i ricordi ma di farsi essa stessa vita e portavoce di quei pensieri singhiozzati e strozzati quasi come virgole mozzate in frasi appena accennate. Luna, una bambina silenziosa cresciuta troppo in fretta in un silenzio assordante ricco di anima, di arte, di musica, di vite avviluppate in intrecci a contrasto gli uni con gli altri. Luna e le vite che vive intensamente ferme ad un bivio...

pg. 176, b/n, autore Chiara Porcelluzzi

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15,00 €

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La bambina che aveva paura dei sogni di Chiara Porcelluzzi

978-88-96931-86-8 “E quando sognavo, vedevo il buio e i miei pensieri vagare. Percepivo il solo errare delle mie riflessioni. Oppure sognavo il mare. Le onde. Il vento. Gli spazi aperti. Ma se riuscivo a scacciare il sonno, ero più tranquilla. Avevo paura dei sogni.”

 

Azzurra è un'adolescente che ha un rapporto distaccato con i genitori troppo presi dal lavoro e fa da mamma alla sorellina Aurora. È tormentata da un incubo ricorrente ed ha paura di sognare. Solo la presenza del mare, suo più grande conforto nei momenti difficili, le permette di evadere dalla realtà. Il ritrovamento di uno spartito e il conseguente incontro con Dante, un ragazzo poco più grande di lei, la aiuteranno a portare alla luce i segreti di un'infanzia dimenticata, a partire da Barletta, città in cui vive, passando per Taormina e finendo il percorso tra Firenze e Roma. E, nell’affrontare una realtà dolorosa, Azzurra capirà che sognare non è inutile e non può far paura.

 

 

Per quest'opera FaLvision Editore ha ottenuto il Marchio MicroEditoria di Qualità 2018 dal Sistema Bibliotecario del Sud Ovest Bresciano.

 

Menzione Speciale Premio Letterario Nazionale "Bari Città Aperta"

 

15x21 192pg Chiara Porcelluzzi narrativa 12

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Abbiamo fatto due chiacchiere con Chiara Porcelluzzi, scopriamola insieme:

 

D.: Ciao Chiara, come stai? 

R.: Ciao Luciano e ciao a chi mi legge! Tutto va secondo i miei piani, mi sono laureata da poco in Lettere e continuo a coltivare le mie passioni, la scrittura, il trekking e la fotografia. Vivo ogni giorno cercando di portare a termine i miei piccoli obiettivi quotidiani. La mia priorità adesso è essere felice.

D.: Il primo romanzo "La bambina che aveva paura dei sogni" è stato molto ben accolto dal pubblico e dalla critica, ha avuto anche dei bei riconoscimenti. Com'è il tuo rapporto personale con quel libro e quell'argomento?

R.: Si può amare un libro quasi quanto una persona? Ecco, io il mio primo romanzo lo amo, amo Azzurra, la mia prima protagonista, amo Dante e gli altri personaggi, le ambientazioni, il filo narrativo… Devo molto a “La bambina che aveva paura dei sogni”: mi ha permesso di incontrare tante persone splendide che si sono ritrovate tra le mie parole e che si sono lasciate coinvolgere tra quelle pagine scritte, mi ha permesso di crescere, di affrontare il pubblico con sicurezza e senza timori. In oltre ricevere ben tre riconoscimenti per un romanzo scritto a 16 anni e mezzo mi fa capire che forse scrivere la storia di Azzurra è stata la cosa migliore che io abbia potuto fare per “concimare” la mia vita.

La tematica “familiare” affrontata (non voglio svelare molto… quest’intervista potrebbe leggerla qualcuno che ancora non conosce il mio primo romanzo) è stato solo un pretesto per parlar d’altro: ho voluto metter su carta ciò che provavo io stessa in quegli anni. E no, prima che me lo chiediate, non è un romanzo autobiografico! 

D.: Questo secondo romanzo "Chissà perché si riparte sempre dal niente" ha una scrittura più ragionata, più consapevole o più sofferta?

R.: Sono cresciuta. Sono ufficialmente entrata nel “mondo dei grandi” e mi rendo conto d’aver perso l’illusione adolescenziale che si respira nel primo romanzo. “Chissà perché si riparte sempre dal niente” si sviluppa su una scrittura diversa, “più matura” mi è stato detto da chi ha letto il romanzo in anteprima. Probabilmente gli studi di metrica mi hanno aiutato in questo: presto sempre molta attenzione alla scelta delle parole e alla loro musicalità.

D.: Com'è Chiara come scrittrice? Se dovessi dare una definizione di te scrittrice, come ti definiresti?

R.: Rispondo sempre con difficoltà a questo genere di domande perché credo che debbano essere gli altri a definirmi… io sarei di parte! Scherzi a parte, la scrittura è il mio nutrimento, la mia cura da sempre, quindi quando divento “Chiara scrittrice” è come se fossi un medico che prescrive una terapia per la mia anima. La procedura per la guarigione è sempre la stessa: scrivere. Ciò che cambia di volta in volta sono i medicinali e la posologia: personaggi e trame.

D.: Invece Chiara come persona, com'è? 

R.: Impossibile da descrivere. Non riesco nemmeno io a capire come son fatta! Sicuramente non vivrei senza l’arte e la natura, quindi “Chiara persona” potrebbe essere un’incessante ricercatrice di tesori artistici (fosse anche una chiesa rupestre abbandonata ai confini di Bari) ed un’esploratrice di meraviglie naturali (senza spingermi troppo lontano, mi basta camminare per un viale alberato).

D.: Facciamo il gioco dei colori e delle emozioni. Ti indico dei colori, abbina l'emozione che ti ispira ciascuno di loro: Giallo. Verde smeraldo. Blu. Rosa. Bianco.

R.: Ho paura di rispondere in maniera banale. Comunque, proviamo. Il giallo mi trasmette curiosità, dinamismo, ricerca. Verde smeraldo forza, tenacia, costanza. Blu (amo il blu e l’azzurro) è il colore della soddisfazione, della quiete, dell’armonia. Il rosa non lo preferisco particolarmente, mi rimanda ad un’idea di debolezza e fragilità. Il bianco è il non-colore, il vuoto, l’assenza di tutto.

D.: Ora che abbiamo giocato con i colori e le tue emozioni, dicci quando scrivi, che colore ti senti?

R.: Indubbiamente azzurra!

D.: Tra i due romanzi che differenza vuoi sottolinearci? Oltre alla differente scrittura o ambientazione o al differente argomento, cos'altro ti senti di poterci dire?

R.: Azzurra del primo romanzo è in cerca di risposte, viaggia per l’Italia per poter fare chiarezza nella propria vita. È impulsiva, vulcanica, a tratti anche un po’ egoista. 

Luna invece resta sempre nella sua città, nel suo quartiere, calma e pacata, riflessiva ed introspettiva, cerca la chiave di svolta per la sua vita attraversando i suoi sentimenti profondi e il suo cuore malato. 

Anche la figura maschile del primo romanzo, Dante, è diversa dal nuovo Stefano. Entrambi incarnano l’arte (il primo è un pianista, il secondo è un pittore) ma mentre Dante assume il ruolo di guida, di supporto, di fratello maggiore per Azzurra, la situazione tra Stefano e Luna è un tantino più complessa. Forse si tratta d’amore, di quell’amore instabile ed incerto, ma anche timido e puro, che fa stare sempre con il fiato sospeso, in bilico tra l’inferno e il paradiso.

D.: E se pensassimo a delle cose in comune tra i due romanzi, fin dove possiamo spingerci?

R.: Sono molti diversi tra loro. Probabilmente un’eventuale analogia posso trovarla nelle figure infantili, Aurora e Ruggero, che svolgono un po’ la funzione di deus ex machina e sono indispensabili per poter far emergere la dolcezza delle mie protagoniste in entrambi i romanzi.

E le mamme! Come posso dimenticare le mamme! La mamma di Azzurra, Caterina, assente in quasi tutta la vicenda, così come è assente Paola, la mamma di Luna. Si tratta però di due tipi di lontananze diverse: Caterina è come se non esistesse, mentre Paola, anche se non è presente materialmente nella vita di sua figlia, c’è in un altro modo, diverso, metafisico, ma c’è. Dalla prima all’ultima pagina. 

D.: Come nasce questo progetto?

R.: La storia del secondo romanzo è lunghissima, è iniziata più di due anni fa, è impossibile raccontarla qui. L’idea non è partita principalmente da me ma dal mio editore, Luciano Pegorari, che mi ha assegnato una traccia, una specie di “compito in classe”… e come ogni compito in classe capita sempre la domanda a cui non si sa rispondere. Ecco, io inizialmente non sapevo da dove incominciare a scrivere perché il tema che Luciano mi aveva proposto non l’avrei mai scelto liberamente. In oltre questo romanzo avrei dovuto scriverlo con un’altra scrittrice e avrebbe dovuto collaborare con noi anche una fotografa, ma il progetto non è mai decollato. E così mi sono ritrovata sola con questo accenno di trama e mi son detta: “ma sì, improvvisiamo!” Alla fine, ho stravolto tutto e il “compito in classe” l’ho svolto in maniera originale, a modo mio. E mi ritengo pienamente soddisfatta.

D.: Come nasce la tua passione per la scrittura e la tua esigenza di scrivere e di farci leggere delle storie?

R.: La passione della scrittura è nata con me. Quando mia mamma mi aspettava, comprò per me una splendida edizione delle Fiabe dei Fratelli Grimm, con una rilegatura molto particolare. Quello è stato il mio primo libro, anche se ovviamente mia mamma lo conservò e me lo regalò quando ero abbastanza grande per poter apprezzare un simile dono. È stata lei ad avermi trasmesso la passione per i libri fin da subito: me ne comprava tantissimi e me li leggeva quando ero ancora troppo piccola. Quando imparai a leggere scoprii un mondo meraviglioso, fatto solo di caratteri, simboli ed inchiostro ma profondamente prezioso. Ricordo quando mia mamma mi permise di uscire da sola per la prima volta a dodici anni: ero libera di andare dove volessi (più o meno!) ed io quell’occasione di libertà la sfruttai per recarmi in libreria e comprare “Zanna Bianca” di Jack London, che ancora mancava nella mia biblioteca personale.

La scrittura è venuta poi, spontaneamente, come se per me fosse la cosa più naturale. È un bisogno che non posso far a meno di sopprimere, è come dormire o mangiare. Se non scrivo, non vivo. La scrittura mi fa stare bene, mi rilassa e mi consente di “analizzarmi”. Mi spiego meglio: quando nella mia vita c’è un problema o qualcosa che non va io scrivo, scrivo le mie emozioni, scrivo ciò che provo, ciò che vivo, proietto sulla carta tutti i sentimenti che mi scombussolano il cuore. Guardarli dall’esterno, da una diversa prospettiva mi aiuta ad avere una maggiore consapevolezza di quello che sta succedendo, della direzione in cui sta andando la mia vita e di cosa posso fare per cucire i miei strappi.

D.: Come cerchi la tua ispirazione? Ovvero, ascolti musica o trai ispirazione dal tuo vissuto o da ciò che ti circonda?

R.: Lavoro molto con la fantasia. Non possiedo una bussola, ma vado alla deriva, senza preoccuparmi di ritrovare la rotta.

La musica è stata importante per il primo romanzo. Il secondo l’ho scritto in silenzio, quel silenzio che accompagna la vita di Luna, quel silenzio che sa di attesa e di mancanza.

D.: Senza peli sulla lingua, ci dici il peggior libro che hai letto sinora? Quello che pensavi fosse bello e che invece si è trasformato in un... calesse? (citando la famosa frase di un famoso film...)

R.: Non ho mai terminato la lettura di “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen. Proprio non ce la faccio. Ho provato a leggerlo sei volte dall’inizio ma non sono mai arrivata alla fine. Ci ho rinunciato.

C’è anche un altro libro famosissimo… no, non voglio dirlo, mi vergogno troppo a svelare il titolo. Non posso, sono laureata in Lettere e questo romanzo è stato super apprezzato dalla critica. L’ho letto tutto ma alla fine non mi ha lasciato nulla. Credo che un romanzo debba emozionare e questo, pur essendo tanto rinomato, per me non ha significato nulla.

D.: Il libro più bello che hai letto finora?

R.: Devo sceglierne solo uno? Allora direi proprio “Gli amori difficili” di Italo Calvino. È il mio scrittore preferito, non lo tradirò mai.

D.: Abbiamo concluso Chiara, ma prima un'ultimissima domanda: che tipo di letteratura preferisci maggiormente?

R.: Adoro i classici italiani del ‘900: Calvino, Pavese, Buzzati, Pasolini, Moravia, Vittorini, Bassani, Sibilla Aleramo ed Elsa Morante… tutti! Nel mio cuore letterario però ci sono due posticini speciali per i romanzi di Stefano Benni e le poesie di Eugenio Montale.